MARCELLO VENEZIANI SULLA SCUOLA

La chiusura delle scuole, il balletto sugli esami e sui concorsi e la farsa del plexiglas tra i banchi sono stati solo il colpo di grazia. Ma la scuola sta male da prima del virus.

Ogni governo, ogni ministro è stato un gradino per scendere più in basso Andando a ritroso c’è una lunga scia di ministri democristiani invertebrati che, con rare eccezioni (una di queste fu il liberale Salvatore Valitutti), ridussero la scuola a un pachiderma obeso, senza spina dorsale, che si muove con fatica;

Eppure la scuola fu il motore dell’Italia unita. Dalle scuole, pensavano già Mazzini e i risorgimentali, sarebbe passata la formazione e l’istruzione degli italiani; e la scuola fu per cent’anni, tra cento contraddizioni, il volano principale della nazionalizzazione, della modernizzazione e della formazione dell’Italia moderna.

Attivò anche, con fatica, l’ascensore sociale, permise ai bravi ma poveri, di studiare e laurearsi. La scuola assolse a un compito decisivo, fu centrale per lo sviluppo del nostro paese.

Poi venne il degrado, la strategia di conquista del Pci, venne soprattutto il ’68; e venne la scuola che cancella il merito e la selezione, l’autorità e la conoscenza, che non insegna più doveri ma predica solo diritti, la scuola politicizzata e ideologizzata, sindacalizzata.

Con gli anni i professori furono declassati, persero status sociale e anche i giovani da protagonisti del domani divennero i molesti marginali che si chiudono nelle loro tecno-solitudini.

Americanizzarono la scuola dopo averla sovietizzata; cioè imitarono gli Usa nell’aspetto peggiore, quello scolastico. Il fuggi fuggi nelle scuole private ne fu la conseguenza.

La scuola, notava giustamente Galli della Loggia ne l’Aula vuota (Marsilio), deve principalmente preparare alla vita, non al lavoro. E non deve porsi come la palestra del cambiamento, della sperimentazione e delle rotture, ma deve bilanciare offrendo continuità, tradizione, visione. Capacità di capire e dunque modificare la realtà, senza appiattirsi sulle sue tendenze.

Infine riassumo il compito della scuola in quattro prediche inutili.

  • Il primo: non inseguire la realtà ma fornire chiavi per affrontarla. La scuola dovrebbe piuttosto filtrare le esperienze, insegnare come affrontarle con profitto e con giudizio, dotare di saperi, finalità e contenuti gli strumenti tecnici ed economici.
  • Il secondo: formare e selezionare le classi dirigenti e lavoratrici di domani. Indispensabile per dare un ruolo alla scuola e un futuro alla società.
  • Il terzo: promuovere comunità e progetti condivisi. La scuola va ricollegata al tema dell’appartenenza nazionale, dell’identità culturale e civile d’Italia.
  • Il quarto: educare cittadini a un’etica pubblica, alla responsabilità, al rispetto dell’autorità e al riconoscimento del merito.

Non si vede una riforma organica, ariosa e lungimirante, da svariati decenni. Solo sgorbi, scarabocchi passati per riforme. Le scuole chiuse d’oggi e i ragazzi intubati sono il simbolo di un funerale dal vivo della scuola.

MARCELLO VENEZIANI
(su La Verità 15 giugno 2020)

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